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A Vittorio Giovanni Rossi

-con devota gratitudine.-.
-o-

 "Il più bel regalo che sia stato fatto agli uomini dopo
la saggezza, è 1'amicizia."
(La Rochefoucauld)

  Tu mi hai portato il pianto,
insepararabile ormai,
come da cero la lacrima,
da questi occhi già stracchi
al cupo terrore
di un diverso ritorno,
col Tuo dono gentile,
o nobile maestro!
  Tu mi hai portato un pianto
di lacrime nuove:
mai cosi care,
calde cosi giammai;
e per la prima volta
in trent'otto inverni
hai fatto risplendere il sole
(sole di bontà indelebile,
sole di amore ineffabile)
su quest'arida mia valle
soffusa di sterpi,
digradante, muta,
e solo al gufo amica.
  Grazie! Non basta.
Altro non trovo...
0 memoria infelice!
  Scolpirò col piccone
sulla lucida parete
libera e cadente,
nel meandro profondo,
al tombale silenzio,
dove luce non filtra
né palpita pietà,
il Tuo nome amico.
  Io non Ti conosco,
ma Ti ho visto a me accanto
nel regno di...satana,
e intesi il Tuo cuore soffrire col mio.
Non costernarTi più;
lascia a me soltanto,
perchè vorrei
che nessun'altro al mondo
vivesse quella notte senza stelle,
la triste condanna
di essere morto vivendo.

Domani,
se il destino sarà,
sul caduco sembiante
scalfito di nero
con lo strazio per la prole
senza guida lasciata
un'ultimo sorriso
impresso resterà,
come il Tuo nome laggiù.
  Ma che penso, sciagurato!
Oggi la vita
non è forse più bella?
  Ai piedi del colle
di verde ammantato
fuligginosa vibra
fucina di sangue.
Brezza non muove;
il cielo è deserto;
i pini cipressi
appaiono immoti...
ma fumano le rocche
alle umane fatiche.
Assorda il rumore
del progresso caino
che incede, che passa
senz'orma d'amore
a orfani e vedove
smorfiandoli in viso.
Umido il petto
Vulcano mi mostra,
all'opre di fulmini
intento crudele.
Braccia pendenti
nei fianchi affannosi
ombre son l'altre
che fanno, che vanno
tacite, lente.
Nel giardino d'infanzia,
riserva sicura
per avida gola,
i bimbi contenti
giocano e cantano
(inconscio letargo
all'occulto domani);
ma un suono li tace,
un suono lugubre:
i bimbi non sanno
di un babbo che portano
freddo e finito
dal fondo del pozzo...
I pini cipressi
appaiono immoti,
e la speme s'arresta.

  Silenzio!...
  Qualcuno s'appressa.
  Se la sorte Ti spinge
per questo romitorio
portami un baleno
del mio splendido sole,
della mia gente angusta,
dei miei nuraghi silenti,
del mio chiaro di luna.
Non sarò un'ingrato:
se non altro un pegno,
un piccolo pegno
del mio cuore fanciullo
porterai con Te
per le Tue strade infinite.
Se sarò una croce
volta le spalle:
non giova, è scorno
lacrimar sul nulla.

Forbach-Bruch-, I3/9/1959.

Pubbl. "Giornale degli Italiani"” Parigi sett.1959