-012-
-o-
Gli eterei lumi ancor non eran spenti,
ne di pantani e rivi gli animanti,
ancor, avean taciuto i lor accenti,
che a volger sera desti; e, in dolci canti
i musici pennuti invan cercavan
risollevar la fé nei cuori affranti
che già di schioppi i primi moti urlavan
in lingue sfavillanti e in bei sonori
ritorni di pendìi s’allontanavan...!
Avviso di fedeli: oh, quanti cuori,
quell’improvviso echeggio, a pace tolse
ed alle chete stanze estese ardori!
Chi, di sventura, il voto ancor non sciolse,
chi per partir, chi per omaggio è desto
nè l’empio a quell’invito parte volse;
e tutto, intorno, è attesa: un manifesto
di festa alon s’aggira e fin le mute
lontan vallate a giorno volgon presto...!
Che ridestar di sensi! In su la cute
il crin irtar m’avvedo! All’imo scende
un dir di fato ostil che non discute!
Di bronzi un inno lento l’aura fende
fin su le stelle opali e tra gli schianti
un peregrino andar orante ascende
la china via portandosi davanti,
tra figurati spirti in man tenuti,
l’imago del più puro sen di santi
che, nel salir, inchina i convenuti
in divota ala, ai bruni vicoletti,
giammai così solenni e pii veduti.
L’ardor ch’avvampa in quei robusti petti
è la vetusta fede onde, in passato,
fûr preferiti dai Celesti Affetti;
allor che nel sambuco fûr trovato,
nella montana val, su le rovine
di Filogosa spenta allo spietato
furor di Saraceni e di divine
sentenze gravi e tristi, da pastori
a greggi intenti, su le sacre chine,
il picciol simulacro che colori
divina al Ciel levata che lor disse ...